autocostruzione – Consumomeno | Costruire futuro rispettando l'ambiente https://www.consumomeno.org Costruire futuro rispettando l'ambiente Thu, 19 Mar 2015 10:16:00 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.4.1 Intervista a Matteo Mattioli, un autocostruttore https://www.consumomeno.org/intervista-a-matteo-mattioli-un-autocostruttore/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=intervista-a-matteo-mattioli-un-autocostruttore https://www.consumomeno.org/intervista-a-matteo-mattioli-un-autocostruttore/#respond Thu, 19 Mar 2015 10:16:00 +0000 http://www.consumomeno.org/?p=4632

Arcangelo: Direi di iniziare con una piccola presentazione; io sono Arcangelo Guastafierro, presidente della coopertavia Consumomeno e redattore del blog presente sul sito

Matteo: io sono Matteo Mattioli, impiegato di 40 anni, abito a Ravenna e mi sono avvicinato all’autocostruzione nel 2006, partecipando ad un progetto di autocostruzione assistita del Comune di Ravenna.

A: Spiegami una cosa, Autocostruzione assitita?

M: E’ una forma di autocostruzione che prevede ci sia una regia del progetto, che detti tempi e modalità degli interventi degli autocostruttori che rappresentano la manovalanza, la manodopera della costruzione.

A: Il motivo per cui ti sei avvicinato al progetto?

M: Principalmente economico. All’epoca avevo un lavoro di tipo discontinuo con dei contratti a tempo determinato. Ero fidanzato e convivevo da qualche anno e quindi avevo idea di mettere su famiglia, ma sapevodi essere un soggetto non bancabile, a cui una banca non avrebbe mai concesso un mutuo per acquistare una casa. E’ stato piuttosto casuale la lettura di questo manifesto del Comune di Ravenna su cui c’era scritto che l’amministrazione comunale istituiva una graduatoria che avrebbe permesso a famiglie giovani con un reddito basso di poter acquistare una casa a prezzi molto più vantaggiosi rispetto a quelli del mercato.

A: Più o meno era il motivo anche degli altri autocostruttori?

M: più o meno era il motivo anche delle altre famiglie. Erano tutte famiglie giovani, il progetto era rivolto principalmente a famiglie al di sotto dei 42 anni. Inoltre erano famiglie che avevano redditi medio bassi, quindi il motivo principale era economico, senza dubbio.

A: Com’è andata l’abbiamo letto sul tuo blog. Sappiamo che purtroppo non è andata bene. Diventa però interessante sapere com’era la gestione del cantiere, come vi trovavate, cos’è successo tra di voi, tra gli autocostruttori, se sono nate delle amicizie, se sono nate delle inimicizie; insomma cosa succedeva in cantiere, non tanto dal punto di vista tecnico, quanto da quello umano.

M: l’esperienza più bella del cantiere è stata sicuramente l’esperienza umana e l’esperienza lavorativa, pratica. L’esperienza umana perché abbiamo cominciato a conoscerci lavorando insieme, in cantiere c’erano persone di diverse nazionalità (il progetto era sociale, promuoveva l’integrazione), che non si erano mai viste prima. Abbiamo stretto amicizia subito, e abbiamo continuato a mantenere un ottimo rapporto, anche nelle difficoltà. Siamo stati fortunati perché da altre parti non è stato così. Di incomprensioni, ce ne sono state anche nel nostro cantiere, però sono state sempre gestite in maniera piuttosto semplice, comunicando e affrontando le motivazioni. Cose che possono succedere quando si fa fatica, quando si è stanchi di lavorare, magari durante gli inverni freddi quando uno vorrebbe stare a casa con i propri figli, invece di ritrovarsi a lavorare in un cantiere edile. Non è da tutti.

A: quanti edili c’erano tra gli autocostruttori?

M: ce n’erano tre: uno era capocantiere, un’altro faceva il piastrellista a cui poi se n’è aggiunto un terzo anch’egli capocantiere, padre di un socio. Tre persone su un totale di 40 persone che hanno gravitato attorno all’opera. Per l’esperienza che abbiamo vissuto ti posso dire che non necessariamente chi lo fa di mestiere sia più bravo di uno alle prime armi.

A: Voi avete fatto tutto da soli, partendo dallo scavo fino alla posa del tetto?

M: Sì, anche se abbiamo avuto qualche piccolo aiuto. Lo scavo, ovviamente, non lo abbiamo realizzato noi, ma abbiamo chiamato una ditta che lo realizzasse con un semplice scavatore. Il lavoro è stato eseguito male, troppo di fretta e abbiamo dovuto togliere molta terra a forza di braccia, con il badile. Abbiamo avuto anche una ditta che ha legato le gabbie delle fondamenta, erano tre ragazzi che hanno lavorato con noi per tre mesi circa, a cui ci siamo comunque affiancati durante i week end. Il lavoro di legatura del ferro delle fondazioni è durato molto tempo: 5/6 mesi.

A: Quindi c’eravate anche voi?

M: Sì, c’eravamo anche noi. Soprattutto io. Infatti ho capito che il lavoro più duro di tutto il cantiere è quello del ferraiolo, non è il muratore!

A: Tu sconsiglieresti di fare le fondazioni? Prenderesti un carpentiere che le fa?

M: Prendete le gabbie già fatte. È un lavoro che uno può paragonarlo a quello della costruzione di una piramide. E’ molto pesante, bisogna essere abituati alla fatica fisica…

A: Hai detto vari mesi, ovviamente nell’autocostruzione non si lavora 5 giorni la settimana.


M: Noi in quel periodo lavoravamo 7 giorni la settimana.

A: Tutti i giorni eravate in cantiere?

M: Si, tutti i giorni.

A: Ma in quali orari, ognuno di voi non aveva anche un lavoro?

M: In quel periodo, come ti dicevo, svolgevo lavori a tempo determinato. Il cantiere cominciò a novembre e io avevo appena finito di lavorare in campeggio, quindi ho avuto tutto l’inverno libero da trascorrere in cantiere a fare il ferraiolo, dalle 7 del mattino alle 5 del pomeriggio.

A. Come gestivate l’apporto del tempo? Una delle cose che ho notato, parlando di autocostruzione, è il cercare di rendere equo il tempo lavorato da tutti gli autocostruttori.

M: Io avevo dato la mia disponibilità, comunicandolo ai miei colleghi, a lavorare in cantiere tutti i giorni della settimana in quel periodo mentre da Aprile a Settembre non sarei stato più disponibile. Ho quindi concentrato il mio lavoro nel periodo invernale e ho affiancato questa ditta che era stata presa per il lavoro di legatura del ferro, con la possibilità di controllare anche il loro lavoro

A: Per gli autocostruttori c’eri tu e?

M: C’ero io e basta.

A: L’assistente dov’era? Era autocostruzione assistita… quindi?

M: Quella è stata una balla colossare?

A: Non c’era un capo cantiere?

M: C’era ma si divideva su tre cantieri.

A: Lasciamo stare la vicenda in sé stessa. Capocantiere era sostanzialmente il ferraiolo.

M: Sì, certo.

A: Punto di vista della sicurezza, come l’avete gestito?

M: La sicurezza era lasciata alla libera interpretazione di ciascuno di noi.

A: Cioè siete stati attenti a non farvi male.

M: Esatto, siamo stati attenti a non farci male. Quando abbiamo aderito a questo progetto era previsto che ci sarebbe stato un corso della sicurezza, gestito da Alisei Ong, e la gestione della sicurezza doveva essere controllata dal comune, come da accordi. Invece il comune non è mai venuto in cantiere a controllare alcunché.

A: Mai venuto in cantiere?

M: Mai venuto in cantiere per i primi due anni. E’ venuto ad ottobre del 2008 dopo che abbiamo denunciato che c’erano dei problemi.

A: Torniamo alla costruzione. Mi ricordo quando ci siamo conosciuti, sono venuto da voi a Filetto dove vidi una struttura fatta in blocchi in legno cemento gettati con calcestruzzo all’interno. La scelta dei materiali chi l’ha fatta?

M: Il progettista, cioè Alisei Ong

A: E voi non avete potuto dire nulla?

M: Assolutamente no.

A: E secondo te invece è giusto che l’autocostruttore possa mettere becco nel progetto? Chiaramente limitato a quelle che possono essere le sue conoscenze, non certo a fare i calcoli del cls.

M: Sarebbe l’ideale. Abbiamo però sempre dovuto subire questa imposizione e abbiamo imparato sulla nostra pelle che era una cosa assurda e sbagliata. Per farti un esempio, all’interno delle nostre case non c’era campo telefonico, talmente tanto ferro era stato usato nelle gettate dei muri.

A: Perdonami, cosa c’è allora di ecologico in questo blocco?

M: Assolutamente niente, ovviamente.

A. Lo vendono come eco. Se la casa la dovessi fare oggi come la faresti? Che materiale utilizzeresti?

M: Io userei il legno in prefabbricati modulari, oppure lo farei di paglia il riempimento, intelaiatura in legno e riempimento in paglia.

A: Comunque struttura in legno

M: Assolutamente in legno. Per tantissimi motivi che tu sai.

A: Sai bene che io sposo il legno, io amo le case a telaio!

M: Anche per motivi di sicurezza, usare il cemento è pericoloso, fare le gettate… siamo stati investiti da esplosione di muri, e anche la pericolosità di utilizzare strumenti che devono vibrare il cemento e tantissimi altri motivi. Poi c’è la questione salutare: il cemento è un materiali freddo che trasmette umidità.

A: Il cemento è ottimo per fare la platea. Non per fare le case, su questo siamo d’accordo. Andando avanti quant’è durato il cantiere nei suoi progressi prima che si bloccasse?

M: Il nostro impegno lavorativo è stato portato a compimento. Era previsto che il nostro compito fosse di realizzare il grezzo e le inframezzature tra gli appartamenti, con i relativi scassi e tagliole per gli impianti elettrici, cosa che abbiamo fatto.

A:Quindi dopo ci sarebbe stata l’assegnazione.

M: Ci sarebbe stato l’intervento degli artigiani, impiantisti, pavimentisti e intonacatori, come previsto da progetto e sucessivamente l’assegnazione degli appartamenti, perché ogni familgia decidesse come terminare le varie finiture, colore dei pavimenti, delle porte, etc
Quindi il nostro lo abbiamo fatto, in due anni e mezzi, dal novembre 2006 a luglio 2009 .

A: Lavorando sostanzialmente il week end, come gestione normale del cantiere.

M: Sì, a parte quel periodo che io ti ho detto, per il resto abbiamo lavorato solo nei fine settimana. Abbiamo lavorato per circa 21.000 ore in totale, 1.500 ore a socio, eravamo quasi tutti assegnatari ma c’era anche qualche socio speciale, fidanzati o cugini di nostri colleghi.

A. Non avevano un legame ufficiale

M: Esatto, non erano sposati o non convivevano come coppie di fatto da almeno due anni.

A: Ti faccio una domanda che forse è scontata ma non è detto che lo sia, chiaramente con un finale diverso lo rifaresti?

M: Si lo rifarei, perché come ti ho detto è stata una bellissima esperienza, a parte tutto ciò che è successo poi.Ho imparato a fare il muratore, sicuramente se ci saranno dei lavori in muratura da fare nella mia futura casa li gestirò da solo e poi è stata una bellissima esperienza umana che mi ha dato la possibilità di conoscere gente in gamba e di lavorarci insieme.

A. Problemi. Secondo me la cosa difficile è riuscire a far quadrare il cerchio in un cantiere di autocostruzione. Tante persone diverse con tanti modi di vivere diversi, non parlo per forza di cultura diverse, parlo anche solo di abitudini diverse: forza fisica diversa e capacità diverse, quindi problemi…

M: Problemi ce ne sono stati tanti. Come dici te ci sono modi di vivere e di lavorare diversi, ognuno di noi ha comunque lavorato al massimo delle proprie possibilità. In cantiere c’erano italiani, sudamericani, africani, c’erano donne, c’erano uomini, persone anziane e anche ragazzi di 18-20 anni. In alcuni casi dovevi avere un occhio di riguardo verso di loro. In un cantiere edile, dove ci sono pericoli e ci sono situazione di pericolo costanti.

A: Diciamo che ci sono differenze. Un musulmano, ad esempio, durante il Ramadan fa un po’ più fatica a lavorare, perché mangia solo in determinati momenti del giorno, un cattolico ha un problema simile durante la quaresima.

M: Un africano ha anche difficoltà a farsi impartire ordini da una donna. Ci sono stati momenti di tensione, perché le donne nel nostro cantiere lavoravano come gli uomini e come loro volevano avere voce in capitolo.


A: E com’è finita?

M: Tutto è stato superato con il confronto, come ti ho detto prima.

A: Quindi possiamo dire che è sempre una questione d’intelligenza.

M: Tutto si può gestire con intelligenza, in tutte le questioni si è cercato di trovare una soluzione, è chiaro che se c’erano persone che non amavano lavorare insieme, si mettevano in squadre diverse, perché come tu sai in un cantiere bisogna dividersi in squadre, quando c’è da lavorare all’interno degli appartamenti, per esempio.

A: Mi hai detto che il tutoraggio non era un vero e proprio tutoraggio, ma sostanzialmente eravate abbandonati a voi stessi.

M: Spesso e volentieri dovevamo gestirci da soli.

A: L’organizzazione chi la decideva? Era una cosa collegiale o avevate eletto qualcuno un po’ più bravo nell’organizzazione a fare questo.

M: Si riconoscevano le capacità di ciascuno di noi. Come in qualsiasi situazione di necessità, si tirano fuori i sensi più recondidi, quindi inizi ad alzare le antenne e riconosci le capacità delle persone di cui ti puoi fidare e metti insieme una certa sensibilità nell’affrontare un certo lavoro, ti fai molti più scrupoli, magari lavori anche in maniera più lenta, ma sempre in maniera più concentrata e ponendo sempre massima attenzione. E poi, comunque, è vero che eravamo spesso da soli, però succedeva quasi tutti i giorni che il capocantiere facesse un passaggio in cantiere, in quel momento lì cercavi di fargli le domande che ti servivano per andare avanti tutta la giornata, cercavi di fare necessità virtù, di carpirgli i segreti.

A: Pensi che aver avuto un capocantiere, un vero e proprio tutor, uno che stava lì dalla mattina alla sera insieme a voi, avrebbe potuto dare un esito diverso, avrebbe potuto accorciare i tempi, ad esempio?

M: Senza dubbio

A: Perchè 1500 ore di lavoro a persona non sono poche.

M: No, non sono poche, ci sono stati cantieri che hanno lavorato molto di più. Fino a 2500 ore.

A: Ma quello che mi chiedo è: avere un professionista sempre lì che possa dirigere le operazioni, controllarle ed aiutare, anche nelle parti un po’ più difficoltose, può essere un qualche cosa che va a migliorare la vita dell’autocostruttore in cantiere?

M: Certamente, perché in molti casi eravamo costretti a fermarci, non ci si può inventare nulla, ci sono delle cose che tu puoi intuire, ma non inventarti. Quindi hai bisogno di avere una risposta tecnica. Soprattutto quando stai facendo un lavoro strutturale, che comporta la solidità della costruzione. La parte più importante, che è la stima del gruppo la voglia di fare che all’inizio è un motore fortissimo, ogni tanto vacillava perché ci sentivamo abbandonati a noi stessi e ci mancava un aiuto. Senza l’autostima non avremmo sopperito alla mancanza di un muletto o di un mezzo che ci potesse aiutare a spostare le cataste di mattoni, che invece abbiamo spostato a mano.

A: Complimenti, so quanto pesano

M: Pesano parecchio, sono mattoni di 60 cm di lunghezza che pesano circa 10 kg

A: soprattutto quando si imbibiscono d’acqua diventano molto pesanti

M: Sì, e poi soprattutto ci vuole del tempismo, se posso aggiugere qualcosa sulla tua osservazione sulla assistenza tecnica. L’assistenza tecnica deve essere anche una questione di tempismo, nel senso che noi siamo stati diversi week end a pulire il cantiere per mancanza di materiale.

A: Questa è carenza d’organizzazione!

M: Carenza d’organizzazione, limiti tecnici e difficoltà economiche.

A: Parlando di organizzazione, facciamo qualche passo indietro. Tu mi hai detto: io mi sono accorto di questa cosa perché ho trovato un bando del comune?

M: Sì

A: Il Comune. Per quello che è la mia esperienza, direi che è fondamentale il suo intervento in un progetto di autocostruzione, se il comune non ci crede dubito che si riesca a realizzare effettivamente. Vista la tua esperienza pratica, a tuo parere quanto è giusto che vi sia una vera e propria ingerenza del comune? Il comune deve esser lì presente e rompere i maroni o fare solo quello che ci mette la bandierina e dice “io ci credo, è stato bello”.

M: Deve assolutamente essere presente. Intanto perché ha la responsabilità del progetto, é il comune che sceglie di realizzare un progetto di questo genere. Il comune non può mettere la bandierina sopra il progetto e dire “ noi abbiamo fatto il progetto di autocostruzione, siamo stati bravi” e poi disinteressarsene completamente come ha fatto il Comune di Ravenna, perché il rischio concreto é che questo fallisca clamorosamente. Non è richiesto alle famiglie di autocostruttori di avere conoscenze architettoniche, strutturali o normative. Per questo il Comune deve seguire il progetto e la sua realizzazione.

A: Quindi al di là di quelle che sono le competenze dell’ufficio tecnico, un vero e proprio partner in cantiere.

M: Certo, dev’essere un partner presente.

A: Uno dei soggetti … un autocostruttore, tra virgolette

M: Dev’essere un partner in effetti, il progetto di autocostruzione di Alisei, prevedeva che ci fosse anche, forse questo non è stato rilevato da nessuno, prevendeva anche che ci fosse una figura di intermediario culturale ma questo non solo per le differenze culturali, etniche delle famiglie che partecipano ad un progetto, che ci saranno anche nel tuo progetto

A: Eh beh, figurati

M: Ci saranno famiglie straniere…

A: Non viviamo più in una nazione monocolore.

M: Esatto:

A: Viviamo in paesi multietnici, e meno male, andiamo avanti così, cresciamo

M: Si, ne sono convinto.

A: Dipende dall’intelligenza delle persone, non dalla cultura

M: E anche dalle condizione che ti mette la società a disposizione, quindi la possibilità di lavorare e di vivere in maniera civile tra tutti noi, perché è chiaro se comincia a mancare il lavoro, le possibilità di walfare o d’istruzione, ci vuole un attimo a cadere nelle lotte di classe o tra poveri. Io italiano mi metto contro il nero o l’extracomunitario perché mi sta togliendo i diritti che ho io, ma in realtà me li sta togliendo lo Stato … e qual’era la domanda? Che il comune deve anche fare da mediatore culturale, deve anche fare da arbitro in un possibile e probabile momento di frizione all’interno di un progetto di questo genere, che può essere tra gli autocostruttori e la ditta ma può anche essere all’interno di due famiglie di autocostruttori stessi. Chiaro che ci si augura sempre che si possa sempre risolvere tutto con il dialogo, ma a volte ci sono tensioni tali che…

A: Diventa anche difficile farlo

M: A volte ci sono delle persone che, purtroppo, non usano l’intelligenza ma usano la forza e la sopraffazione.

A: Pensi che la bioedilizia sia uno sprone a fare autocostruzione o invece che la sfrutti per farsi conoscere ed avere una sua nicchia di potere?

M: Bella domanda. Credo che la bioedilizia sia un mezzo per fare autocostruzione, un’ottima opportunità, adesso, mentre tu mi stavi facendo la domanda mi è venuto subito in mente il caso di Vanessa Tosatti che a Conselice si è costruita la casa con il metodo GREB: la struttura in legno ed il riempimento in paglia. Se sia un modo per pubblicizzare la bio, forse sì… anche questo senza dubbio, però, mi sembra che non ci sia nessuna controindicazione in questo, nel senso che se si mette a conoscenza del maggior numero di persone i nuovi materiali, come può essere la paglia, come può essere il legno, come possono essere tanti altri materiali che anche noi abbiamo utilizzato nel nostro cantiere, come l’isoteck, oppure il calcestruzzo con microbolle di aria alleggerito.

A: L’Ytong


M: Forse hai ragione, l’isoteck è il blocco di legno e cemento e l’Ytong è questo materiale di cemento alleggerito, come ti dicevo che è molto utilizzato nel centro Europa. Io ho vissuto in Repubblica Ceca e mi sono reso conto che moltissime case erano realizzate con questo materiale in autocostruzione.

A: Quindi l’autocostruzione esiste anche fuori,

M: Tantissimo, esiste molto più fuori che in Italia. In Italia la burocrazia non ti permette di realizzare una casa in auto se non in un progetto condiviso come stai facendo tu, non hai la possibilità tu cittadino di realizzare una casa se non facendo salti mortali per ottenere tutte le autorizzazioni, ma diventa un lavoro anche quello, gli uffici tecnici dei vari comuni ti rendono la vita quasi impossibile e ti rendono impossibile il progetto che tu hai intenzione di realizzare.
Perché ci sono degli interessi economici altissimi nel mondo immobiliare, le ditte costruttrici devono imporre il proprio materiale, quindi il cemento armato che non è più un materiale logico da utilizzare ma che viene utilizzato per il grande interesse economico che nasconde, come tutto ciò che avvviene nel nostro paese, sono tutte questioni economiche, politiche economiche

A: Torniamo alla bioedilizia. Volevo farti una domanda. Tu sai che io di mestiere vendo i materiali edili, quindi vivo in mezzo alle imprese agli applicatori, ai progettisti. Mi accorgo che molti vedono nella bioedilizia non tanto un sistema per costruire casa propria quanto un sistema per pagare di più una cosa. Così come il bio nell’agricoltura. Mentre, però, nell’agricoltura si sta creando una coscienza ed una consapevolezza su cosa sia il biologico, nell’edilizia ancora il bio non si capisce se è una truffa, se è un modo per spillarti più soldi o cos’altro e per molte persone è una nicchia di edilizia fuori dalla portata della gente normale. Da quello che invece mi stai dicendo tu è possibile e non è più un problema.

M: Non è più solo per un’elite non è più solo un cittadino ricco quello che può realizzare la propria casa con materiale sano e salubre, perché la bio è questa, l’intento di vivere in un ambiente sano, senza respirare resine, materiali chimici che inquinano il tuo modo di vivere. E’ possibile perché prevedendo di costruire più case hai la possibilità di fare un ordinativo di materiale maggiore e di ottenere uno sconto maggiore sullo stesso.

A: Maggior forza contrattuale.

M: Avrai una maggiore forza contrattuale, certo. E poi perché lo assembli tu e quindi avrai la possibilità di risparmiare sulla manodoprea, questa è l’autocostruzione.

A: Con l’autocostruzione puoi cercare di spostare quelle cifre che prima erano di pura manodopera, sul miglior materiale. Investire di più sul materiale proprio per questo risparmio che viene dato dalla mancanza di manodopera da pagare.

M: Sì, sì. Direi che è proprio questo. Oltre al risparmio anche scegliere il materiale con cui costruirsi la casa e questo si collega alla domanda che mi hai posto all’inizio dell’intervista, se deve entrare la famiglia nella scelta progettuale della casa, certo che deve entrare, perché ci deve vivere. Quando si parla di modifiche in corso d’opera, anche lì si entra in un vespaio esagerato, però, perché no! Nel caso in cui ti accorgi, in corso d’opera, che hai la necessità di aprire un’apertura oppure vuoi mettere l’impianto di riscaldamento a pavimento, perché non dovresti essere in grado di farlo? “Ah no, perché il progetto iniziale… devi fare il massetto, devi cambiare le misure in altezza” Bene, che si faccia, allora!

A: Da voi è mai venuto qualche rappresentante in cantiere.

M: Si

A: E?

M: E ci ha detto che Alisei speculava anche su di loro, chiedendo il rientro di una parte del fatturato…

A: Alisei si tratteneva….

M: Alisei si prendeva il 10% della fattura. Quindi si prendeva la sua percentuale sull’acquisto del materiale.

A: E voi non lo sapevate.

M: No, assolutamente no. Ma purtroppo in quel periodo avevamo tuttaltro a cui pensare e pensavamo che fossimo in qualche modo tutelati dal Comune.

A: Se ve l’avessero detto prima era un problema? Cioè, se Alisei avesse detto “quardate che il 10% della fattura che lo prendiamo per le spese” sarebbe stato un problema per voi?

M: Certo che sarebbe stato un problema anche perché Alisei prendeva già 250.000,00 € per l’assistenza tecnica e la progettazione del cantiere.

A: Ah! Era pagata Alisei

M: Eh certo

A: Ah, allora capisco … scusa mi hai lasciato un attimo interdetto

M: 250.000,00 € abbastanza per un progetto da 1.250.000,00 soprattutto per una organizzazione che si definisce Non Profit.

A: Direi parecchio. Un quinto! Mi interessava sapere se erano passati i rappresentanti non tanto per queste cose ma per proporre i materiali o per capire cosa diavolo stavate facendo.

M: Per proporre materiali no, perché una volta imparato che noi eravamo solamente dei manovali e che la progettazione era stata già decisa da Milano rinunciavano. Per conoscere il progetto e il materiale che stavamo usando sì. Più che rappresentanti erano delle ditte che stavano lavorando nella nostra zona, sì, c’era questa curiosità perché usavamo questi materiali che non erano molto utilizzati e perché era una modalità non molto comune.

A: Ecco, una delle cose che mi è stato obiettato da qualcuno: “tu fai questo progetto di autocostruzione essendo uno del mondo dell’edilizia fai concorrenza ai tuoi clienti”. Io non ritengo che fare autocostruzione sia fare concorrenza alle imprese semplicemente perchè un autocostruttore al 99% non ingaggerebbe un’impresa. Quindi un mercato che è fuori da quello dell’edilizia convenzionale. Però è bella questa cosa che siano venute imprese a vedere cosa facevate. Come si presentavano, com’era il colloquio con queste persone.

M: Erano colloquio alla pari, perché ci vedevano con le tute da lavoro e le scarpe antifonrtunistiche.

A: Loro sapevano che voi eravate impiegati, manovali, ma di tutt’altro settore?

M: No, loro inizialmente si avvicinavano come se fossimo degli operai come loro che venivano a parlare con dei loro colleghi, e quindi quando poi c’era la presentazione e gli dicevamo che eravamo un progetto di autocostruzione, ecco, lì c’era lo stupore,non avevano mai sentito parlare di autocostruzione.

A: Non vi vedevano come dei nemici quanto come una curiosità da raccontare.

M: Sì, uno mi è venuto a proporre di andare a lavorare come plastichino nel loro cantiere.

A: Se il tuo lavoro non dovesse andare bene!!!


M: All’inizio ho cominciato a lavorare tutti gli impianti delle fondamenta! Ho anche quella competenza lì oggi! Sono anche un plastichino! Infatti sul mio profilo come professione ho scritto plastichino.

A: io sono dell’idea che l’auto sia il vero e proprio futuro dell’edilizia, ho potuto notare che nel mondo in generale non esistono il numero di imprese edili che esistono in Italia. Anche perchè per noi l’impresa edile è il pavimentista, l’idraulico, il ferraiolo. Sono tutte imprese edili. E fanno qualsiasi cosa, all’estero si può notare che c’è una differenziazione dei mestieri con addirittura delle standardizzazioni e dei patentini. Tu prendi ad esempio, in Australia, se vuoi fare dell’intonaco devi prendere la patente da intonacatore. Quindi, l’autocostruzione, sostanzialmente, diventa quel mezzo per farsi casa propria, vedi in America con le costruzioni in legno, soprattutto nella zona di Saint Luis, dove ogni tanto arriva l’uragano che tira giù tutto e si ricostruiscono la casa. La vedo come il futuro dell’edilizia, quella abitativa, quella personale quella della famiglia che vuole la propria casa. Tu da questo punto di vista, che hai un’esperienza diretta che sai esattamente quant’è la fatica che si fa in questi cantieri, come la vedi l’autocostruzione in Italia.

M: La vedo come dici te, credo che sia il futuro dell’edilizia per tanti motivi, perché comunque nonostante la fatica che c’è dietro ed è tanta, i sacrifici che sono tanti, il fatto di costruirsi la propria casa è una soddisfazione incredibile. Il risparmio è sicuramente un altro motivo, il fatto anche di poter scegliere il materiale come dicevamo prima; ci sono tantissimi motivi, secondo me avrà futuro se ci saranno delle condizioni legislative che ne permettano l’applicazione; l’autocostruzione in Sud America è già la prima metodologia di costruzione.

A: Quindi tu pensi che il legislatore, piuttosto che lasciare la libera scelta debba legiferare in materia. Non lasciarti libero di scegliere, ma legiferare.

M: Deve legiferare perché in questo momento non è permesso realizzarla in forma famigliare, non è che mi sia addentrato tanto in questa ricerca ma credo che sia così …

A: Quello l’ho fatto io. Se non hai un’organizzazione che ha come scopo l’edilizia non lo puoi fare. A meno che non esista già la casa, allora, come mi hanno detto INPS, INAIL e Cassa Edile, in casa tua puoi fare quello che vuoi. Purchè io non lo veda da fuori.

M: Beh, non è il massimo dover mettere un’intelaiatura in cartongesso per nascondere quello che si sta facendo. Costruire la propria casa è il mestiere più antico del mondo, nonostante si pensa sempre ad un altro, no?

A: Il punto è: se io mi voglio costruire la casa, la mia casetta; ho un pezzo di terra in campagna e voglio farmi la mia casetta non me lo posso permettere, a meno che effettivamente non venga delegiferato, ossia mi venga data la possibilità di essere libero di fare quello che voglio, oppure mi dici tu legislatore: “fai determinati passi per ottenere la tua casa”

M: Con i tempi che ci sono, se devi chiedere tutte le autorizzazioni quanto ti ci vuole? Vanessa mi elencava le volte che era stata a girare per uffici, spesso senza concludere niente, nonostante lei lavori in una ditta edile. Ad un certo punto mi ha condidato che fosse sul punto di abbandonare il progetto perché aveva paura di non venirne a capo. Nessuno le dava una risposta perché non conosceva l’argomento.

A: Questo è il problema grosso, non sanno di cosa si parla.

M: E quindi pur di non darti una risposta sbagliata, e questo è il problema dei problemi, non ti do una risposta. Così sarò inattaccabile, non potrai dire che ti ho dato una risposta sbagliata.

A: O ti dico” non si può fare”

M: …oppure ti dico non si può fare, che è la stessa cosa.

A: Esatto. Io la chiuderei qui, se vuoi chiudere con un tuo pensiero vai libero.

M: se mi inviterai verrò a trovarti per poter parlare con con le persone che vogliono aderire al progetto in autocostruzione lì a Castenaso.

A: Se vinceremo il bando d’assegnazione.

M: Verrò a dire queste cose qui, a dire che l’autocostruzione può essere bellissima. Ci vuole però responsabilità e un impegno del Comune, che deve essere soggetto attivo del progetto, è fondamentale. E poi ci vogliono delle garanzie. Se l’autocostruzione è fallita in Italia é perché non si è pensato di poterne fare a meno. Ormai anche per fare un cancello a casa tua devi presentare una fidejussione, per coprire eventuali danni che puoi arrecare. Per fare un progetto di autocostruzione dove andranno a vivere 40 persone e realizzare 14 case non è stata chiesta nessuna fidejussione. Incredibile no?

A: Secondo te chi deve dare la fidejussione?

M: La ditta regia del progetto oppure il Comune, sicuramente non potrà darla un cittadino. La sua garanzia è già quella di partecipare al lavoro e credere nel progetto. Più garanzia di quello! Cosa deve metterci anche la garanzia monetaria?

A: Il Comune in questo caso diventerà socio, in qualche modo…

M: il Comune è già parte attiva perché il terreno è suo.

A: Esatto, ma deve partecipare con garanzie perchè arrivi a termine il progetto, perchè se ci mette una garanzia monetaria il comune ha tutto l’interesse che il progetto arrivi a termine, se no gli tocca anche pagarlo.

M: deve fare la parte dell’amministratore, deve entrare anche nei tempi, perchè il cittadino non ha il potere contrattuale di dire nulla. Magari in corso d’opera dopo che è stato firmato un contratto con l’impresa: siamo in ritardo e adesso come la mettiamo. Io ho già dato la disdetta alla mia abitazione perchè contavo di entrare in casa quando voi mi avete detto che sarebbe finito il cantiere. E’ chiaro che un cantiere di auto non ha queste scadenze fisse, rigide perchè sta anche nellì’impegno che ognuno di noi mette, degli autocostruttori, però il cittadino deve avere anche delle garanzie. Non può un progetto terminare in cinque anni anziché in due anni per farti un esempio solamente perchè l’impresa ha la decisione dei tempi e delle modalità di come terminare il cantiere. Avrà la decisione finale, che sarà sempre dell’impresa, ma ci sarà un garante, il comune, un amministratore che dice: “no non potete stare 4 mesi con il cantiere chiuso senza materiale perchè vi tira il culo a voi”. Perchè gli interessi aumentano del fido bancario, il materiale si ammalora, la struttura si ammalora, il cemento si indurisce. E’ chiaro, il legno marcisce. Tutto lì, ci dev’essere un arbitro.


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Come già detto in passato il giardino pensile è un’utile sistema per migliorare le prestazioni termiche di una casa, come per migliorare l’assorbimento d’acqua di un ambiente impermeabilizzato, come per migliorare le prestazioni acustiche ed abbattere l’isola di calore urbano; insomma il giardino pensile sarebbe la panacea di tanti mali che assillano il nostro bistrattato mondo. Ha un lato negativo, se così lo vogliamo chiamare: la manutenzione. Ebbene, vi sono sistemi a bassa manutenzione che non impegnano minimamente chi se lo installa sul tetto.

Detto questo la successiva obiezione è che moltissime delle nostre case hanno il tetto pendente. Neanche questo è un problema; esistono delle strutture che sono pensate per avere il tetto giardino a bassa manutezione anche sulle case con tetto a falda.

giardino pensile su tetto a falda
creazione di un giardino pensile su tetto a falda

Lo strato più importante, per la sicurezza di chi vive in casa, è lo strato a tenuta d’acqua. Come già detto  può essere di varia natura. Quello che è importante sapere sulla tecnologia utilizzata è quanto durerà nell’espletamento delle sue funzioni.

Facciamo una carrellata di quale sia il lavoro dello strato impermeabile:

  1. trattenere l’acqua al di fuori della casa;
  2. evitare che le radici lo danneggino insinuandosi sotto di esso
  3. durare il più a lungo possibile sapendo che la legge italiana prevede una garanzia di soli 10 anni.
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Sistema di accumulo idrico in pannelli in fibra di cocco agugliati con tnt sintetici e riempiti di perlite espansa

Sopra di esso dovrà essere messo un sistema di drenaggio delle acque meteoriche in modo che scolino dentro le grondaie; successivamente deve essere inserito un substrato per permettere la vegetazione delle piante che andremo ad inserire nel tetto giardino. Questo, difficilmente in un tetto a falda, può essere uno strato di accumulo classico (ad esempio i vasetti in HDPE), ma dovrà svolgere sia la funzione di accumulo, sia quella di trattenuta delle sostanze nutritive, sia di aggrappaggio degli apparati radicali. Esistono vari prodotti che si differenziano per forma e prezzo, quello che ho potuto valutare come ottimo è uno strato che permetta di essere agganciato al colmo del tetto e che sia fatto di materiale difficilmente imputrescibile di origine naturale. Per migliorare l’accumulo idrico si inserisce (ma esiste anche già fatto) della perlite espansa idrofila che tratterrà l’acqua necessaria alle piante.

Per ultimo lo strato di cultura: questo è differente a seconda di cosa decideremo di mettere nel tetto giardino.

Visto che tecnicamente è fattibile possiamo cominciare a valutare l’impatto che avrà questo tetto giardino sulle nostre tasche e sull’ambiente circostante.

Ovviamente sulle nostre tasche peserà abbastanza, ma mai troppo rispetto al rifacimento di un tetto normale. Bisogna pensare ad alcuni dati:

Tetto giardino pendente a coltura estensiva a bassa manutenzione
Tetto giardino pendente a coltura estensiva a bassa manutenzione
  • un tetto giardino non ha bisogno di manutenzione del manto di tegole;
  • un tetto giardino ha maggiore resistenza agli agenti atmosferici;
  • un tetto giardino non intaserà mai i canali di scolo;
  • un tetto giardino non avrà mai la formazione di ghiaccio vicino al sistema impermeabile;
  • un tetto giardino è naturalmente coibentato;
  • un tetto giardino è il miglior fotocatalita esistente in quanto non si degrada nel tempo ma si rigenera continuamente.

Insomma un tetto giardino ha un costo iniziale più alto di un tetto normale, ma ha un costo manutentivo bassissimo; inoltre un tetto giardino può essere installato su qualsiasi genere di copertura basta tener presente che ha un peso diverso da quello classico.

Si è pensato anche a come concimare il terreno senza dover salire sul tetto: il sistema di materassini che viene utilizzato come substrato di aggancio e di accumulo idrico può essere fatto in fibra di cocco. Questo genere di materiali è di lunghissima durata ma lentamente tende a marcire donando alle radici delle piante il nutrimento di cui hanno bisogno. Essendo agugliata in un tnt sintetico non si perderanno mai le prestazioni meccaniche. Non solo, essendo riempito di perlite espansa ha anche la caratteristica di mantenere le radici in un range di temperature più ristretto evitando alle piante di subire degli choc termici che potrebbero farle morire.

Tetto giardino su copertura a falda coltivato a sedum
Tetto giardino su copertura a falda coltivato a sedum

A questo punto scegliamo le piante da mettere su questo fantastico tetto giardino. Qui abbiamo una scelta limitata, se vogliamo che la manutenzione sia bassa: erba o sedum. Si posso avere sia in rotoli già pronti che in semi da spargere sul tetto.

Sconsiglio vivamente piante che possano diventare troppo grandi in quanto andrebbero ad influire sulla staticità della casa e sulla tenuta dello strato impermeabile.

Ed ora la notizia ancora più bella: lo scorso ottobre il Consiglio dei Ministri ha varato la Legge di Stabilità dove proroga i bonus edili (risparmio ed efficienza energetica e ristrutturazioni) fino alla fine del 2015; Con la circolare 29/E del 18/09/2013 dell’Agenzia delle Entrate si stabilisce che rientrano tra gli Ecobonus qualsiasi intervento, o insieme sistematico di interventi, che incida sulla prestazione energetica dell’edificio” . Creare un giardino pensile ci darà l’opportunità di detrarre il 65% della spesa dalle tasse aumentando la quota di bonus del 15% rispetto al solo rifacimento del tetto.

Per i più attenti alla durata ed alla sostenibilità dei lavori che vengono eseguiti nei propri stabili sappiate che vi è anche un’altra opportunità: con la creazione di un giardino pensile si può ottenere più facilmente la certificazione LEED.

Il giardino pensile è un’opportunità che deve essere colta per portare vantaggi alla nostra vita e a quella dei nostri figli. Non è la solita campana ambientalista. I recenti problemi di inondazioni, di sconvolgimenti nelle nostre città o di siccità prolungata in altre zone si risolverebbero parzialmente con l’aiuto dell’aumento della zona verde con capacità di assorbimento d’acqua. Se, poi, aiutiamo i giardini pensili con la creazione di vasche di contenimento o di regimazione delle acque meteoriche avremmo acqua disponibile sempre a costi molto limitati e, soprattutto, accumuleremmo quell’eccesso che devasta tante zone del nostro pianeta.
Fare qualcosa di piccolo da soli equivale ad una goccia nel mare, ma ricordiamoci che il mare è fatto di tante gocce messe insieme! Tutti insieme possiamo fare qualcosa ed ora abbiamo gli strumenti per farlo.

Per avere riferimenti normativi si può consultare la norma UNI 11235:2007.
Articolo scritto in collaborazione con Perlite Italiana


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